Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

30 maggio 2009

La recette de l’omelette

“Pereira si diresse al Café Orquìdea
e si sistemò all’interno…Pereira ordinò
un’omelette alle erbe aromatiche
e la mangiò con calma”
da “Sostiene Pereira” di Antonio Tabucchi

Uno dei miei “cibi-passione” è l’omelette. C’è chi parla di omelette e di frittata come sinonimi e invece sono due cose completamente diverse. La frittata è cotta da entrambi i lati e su tutta la superficie della padella, mentre l’omelette soltanto da un lato ed è ripiegata su se stessa.
L’omelette inoltre, come vi dirò tra poco, può essere all’interno più o meno morbida e gli ingredienti (oltre alle uova, ovviamente) si aggiungono solo in cottura e non prima.
L’omelette mi fa ricordare i bistrot parigini, dove c’è un’atmosfera veramente unica, particolare, dove ci si può trattenere ore o in piacevole conversazione o magari anche da soli, leggendo un bel libro, come vedo si usa fare all’estero molto più che in Italia.
Le omelette in Francia vengono servite in piattoni, sono belle grandi, gonfie e guarnite in modo magistrale con insalate o croccanti frites.
Occorre però fare attenzione alla qualità di questo piatto perché in certi bistrot le omelette hanno un colore pallido dovuto all’utilizzo di polvere di uova di origine industriale: da evitare assolutamente!
La ricetta dell’omelette sembrerebbe in apparenza abbastanza semplice, ma occorre adottare alcuni accorgimenti, altrimenti si combinano pasticci.
Per 2 persone:
Sbattere brevemente (non devono essere sbattute troppo) 4 uova, aggiungere sale e pepe. Nel frattempo, in una padella antiaderente far fondere del burro su tutta la superficie.
Quando il fondo è anche bello caldo, versare nella padella il composto di uova. Nel momento in cui le parti esterne si sono un po’ rapprese, spostare con una spatola un lembo in direzione di un lato della padella, cominciando così a piegare in due l’omelette, ma non ancora totalmente. Nello stesso tempo fare scivolare il liquido che c’è ancora in superficie verso lo stesso lato della padella. Solo a questo punto, e prima di “chiudere in due” l’omelette, inserire dentro il ripieno che può essere il più vario (formaggio, prosciutto, funghi, ci si può sbizzarrire con la fantasia). Sovrapporre definitivamente infine i due lembi, lasciando l’interno ancora liquido o morbido (a me piace così).
Servire subito, spalmando sul lato non a contatto con il fuoco dei fiocchi di burro.
L’aspetto interessante dell’omelette, e che a me piace molto, è che l’interno può restare morbido o, come dicono i francesi con un termine che rende molto l’idea, “baveuse”.
E’ chiaro che chi non ama un’omelette con la parte interna morbida può optare per una cottura maggiore e il risultato sarà “più asciutto”.
Per questo post scelgo un’omelette alle erbe aromatiche (che si aggiungeranno poco prima di “richiudere” l’omelette stessa, potete scegliere menta, basilico, rosmarino, timo, prezzemolo, ecc.) in onore dello stupendo libro di Antonio Tabucchi “Sostiene Pereira”. Il protagonista, Pereira appunto, si recava spesso al Café Orquìdea di Lisbona (simile ad un bistrot parigino) e lì prendeva frequentemente una omelette alle erbe aromatiche e una limonata zuccherata.
Un libro che è uno dei miei preferiti, che leggevo pianissimo “per paura di finirlo”…Invidio chi deve ancora leggerlo perché godrà appieno dei suoi contenuti…; io, “purtroppo”, ne ho già goduto….

PS ringrazio Gracianne e Flo per i loro consigli sulle omelette.

24 maggio 2009

Firenze, Giro e street food

Grazie Giro. Per darmi ogni anno delle belle emozioni sportive, portarmi a riscoprire o scoprire incantevoli luoghi e per farmi riscoprire o scoprire gustose delizie enogastronomiche.
Ogni anno, quando posso, vado al Giro d’Italia e accade tutto questo. Il Giro mi porta dove vuole lui, appunto, “in giro per l’Italia” ed è sempre un’esperienza piacevole e divertente.
Quest’anno (fino ad ora) sono stato a vedere la tappa di Firenze del Giro d’Italia.
E’incredibile come tanti appassionati stiano con entusiasmo ad attendere anche tanto tempo per vedere i loro beniamini un solo istante o pochi secondi. In un batter d’occhio il gruppo passa e tutto finisce. Ma che emozioni si vivono in quei pochi secondi in cui i ciclisti transitano! I colori, la fatica, quel punto di riferimento rosa che sempre si distingue…quelle biciclette che sembrano macchine perfette, su cui magari compiere un’impresa…
E poi i colori della carovana, degli sponsor, l’atmosfera di allegria trasmessa dalla gente…Quella stessa gente che sgomita, scalpita, fa di tutto per vedere nelle migliori condizioni possibili il passaggio di tutti i campioni...
.
Al Giro non si ama qualcuno e si odia qualcun altro. Ogni corridore è meritevole di tutta la stima dei tifosi. Sembra quasi che avvenga la stessa cosa nel calcio…:))….(mi sa di no, eh?).
Il Giro, dicevo, è anche un’ottima scusa per visitare città, paesini e trovare il modo di fare qualcosa di diverso. Nel caso dell’arrivo a Firenze non c’era molto di nuovo da scoprire per me in una magnifica e ben nota città d’arte.
Prima di dedicarmi alle gesta sportive dei ciclisti, mi sono allora impegnato a scoprire quello che offre Firenze dal punto di vista del mangiare veloce ma di qualità. Ed ho scoperto tante belle novità e luoghi che non conoscevo, anche con l’aiuto di internet, del mondo dei blogger e degli esperti di enogastronomia.
Arrivando a Firenze intorno all’ora di pranzo, mi sono subito catapultato in uno dei luoghi più rappresentativi in tema di street food fiorentino. Da Nerbone nel mercato centrale di San Lorenzo, molto vicino alla stazione di S. Maria Novella.
Qui si mangiano bolliti, minestre e lampredotti, ottimi sin dal 1872; si ordina al banco e ci si siede presso i tavoli situati appena di fronte, dove capita spesso di avere dei vicini che non si conoscono, spesso stranieri. Qui ho mangiato dell’ottimo bollito al piatto (c’è anche quello dentro al panino) con salsa verde e salsa al peperoncino.
E’ seguito un “pellegrinaggio” in un altro posto segnalato da più blogger su internet. Nella bottega ‘Ino (Via dei Georgofili, a due passi da Pontevecchio e gli Uffizi). E’ una sorta di boutique enogastronomica che vende anche numerosi e golosi panini preparati “espressi” e di ottima fattura. Io ne ho mangiato uno davvero originale, “mediterraneo” direi. Sentite qua: panino caldo col formaggio (pecorino) al basilico e pinoli, tapenade (salsa di acciughe e pesce azzurro) e pomodori secchi. Una vera goduria! Ho scambiato anche due chiacchiere con le ragazze del negozio ed ho promesso di visitare ancora il loro blog.
Non potevo certo continuare a mangiare ancora, ma trovandomi in centro ho visitato senza degustare anche altri posti consigliati (la prossima volta sperimenteremo concretamente…) e devo dire che tutti avevano l’aria molto molto invitante in base al mio “fiuto”, che difficilmente si sbaglia.
Del resto, sempre dietro al mercato di San Lorenzo, il consigliatissimo Mario aveva una fila mostruosa di persone che aspettavano fuori ed ho notato “pluridecorazioni” ben esposte fuori dal locale che ne tessevano le lodi.
A pochi passi da Ponte Vecchio, mi ha colpito anche la minuscola Osteria dai Fratellini, anch’essa storica (since 1875, Via dei Cimatori) che ho l’impressione faccia veramente degli ottimi panini.


Infine ho visto un sacco di “lampredottari" interessanti, tra cui quello vicino al mercato nuovo del porcellino.

Insomma un bel “Giro” per Firenze che veramente valeva la pena di esser fatto!

18 maggio 2009

‘Na meneshtra de fòve secche (“bobba”)

Comincia a fare caldo. Si pensa all’estate e alle vacanze, che si spera arrivino presto.
Il pensiero ritorna allora alle scorse ferie estive, durante le quali tra l’altro sono stato a Carloforte (isola a Sud Ovest della Sardegna).

Mi vengono in mente tanti piacevoli ricordi...

....anche, ovviamente, di tipo enogastronomico…
Durante il mio soggiorno a Carloforte, di cui ho parlato qui, ho anche sentito nominare più volte un piatto dal nome strano, la “bobba”, che ero curioso di assaggiare.
Alla fine non l'ho degustato, troppo preso dalle mille bontà a base di tonno offerte dai ristoranti locali, ma mi sono ripromesso di eseguire la ricetta a casa e così provarlo.
La ricetta è semplice semplice: è sostanzialmente una minestra di fave secche che si può mangiare con la pasta o con dei crostini di pane.
Eccola:
Mettere in ammollo per una notte 1/2 kg di fave secche sgusciate.
Farle cuocere, dopo averle sgocciolate, in abbondante acqua a fuoco lento. A metà cottura aggiungere una zucchina, una carota ed un gambo di sedano finemente tritati. Aggiungere poi un paio di spicchi di aglio e del buon olio extravergine. Amalgamare bene, far cuocere il tutto e servire: una bontà!

Ps: il titolo è in perfetto (?!?) dialetto carlofortino

12 maggio 2009

Una piacevole cena da una ragazza di talento(i)



Forse chi non è di Roma non sa cosa è Talenti. Talenti non è altro che un quartiere che si trova nella parte Nord-Est di Roma. Ebbene, in tale zona sabato scorso io ed altri blogger siamo stati invitati ad un aperitivo/cena di una blogger che, oltre ad abitare a Talenti, ha anche moltissimo “talento” in cucina.
Della sua bravura ce ne siamo accorti, oltre che virtualmente dal suo blog, anche concretamente assaggiando i suoi gustosissimi manicaretti. Da Nadia, che oltre al suo compleanno festeggiava anche l’anniversario del suo bellissimo blog, abbiamo inoltre gustato delle cose davvero originali e di elevata qualità.
I dolci in particolare erano superlativi...


...ma il piatto che ho apprezzato di più è stata l’insalata di cavatelli con mozzarella di bufala, pesche noci, rucola e pinoli (i diversi sapori si fondevano veramente molto bene)...



...e il cake agli asparagi, con formaggio al tartufo. Di quest’ultimo ovviamente mi farebbe piacere avere la ricetta….
La festa è stata un’ottima occasione per conoscere molte persone con cui avevo solo “chiacchierato” via internet e per rivedere altri blogger romani.
Ho rivisto dopo molto tempo la simpaticissima Paola con il marito (già incontrati a Torino), ho finalmente conosciuto la festeggiata ed ho anche apprezzato la compagnia piacevole di Antonella, Jaio, Ross ed Elisa, che ho scoperto essere “quasi” una mia vicina di quartiere.


Ma simpatici erano anche, tra gli altri, la sorella di Nadia e i suoi genitori, con cui abbiamo piacevolmente parlato della splendida isola d’Ischia.
Per un resoconto più completo della festa potete dare un’occhiata al blog della diretta interessata che ringrazio ancora infinitamente per la bella serata, organizzata magistralmente.

7 maggio 2009

Una giornata al Foro

Parliamo un pò di sport. In questo blog non ne ho mai discusso troppo, ma lo sport da praticare e da seguire è decisamente uno dei miei hobbies preferiti.
Non disquisirò ovviamente di cose tecniche che non avreste la pazienza di seguire, ma oggi vi parlerò di alcuni aspetti legati ad un evento sportivo annuale molto atteso da me e da molti sportivi che è quello del tennis al Foro Italico di Roma (Internazionali BNL d’Italia).
Al di là dell’apprezzamento “tecnico” del gioco dei tennisti (cosa che penso davvero in pochi sanno davvero valutare, in quanto molte persone vanno lì solo per moda…) è proprio bello andare al Foro Italico per una serie di motivi che di seguito elenco in ordine sparso:

- ci si può abbronzare quando (frequentemente) c’è il sole (il torneo è a maggio…)
- si vedono (…e si conoscono? a volte :)) belle ragazze (spettatrici)
- si vedono belle tenniste (quelle però non si conoscono mai)
- ci sono stand di sponsor (perlopiù di abbigliamento tennistico) che ti fanno venire la voglia di comprare ogni cosa
- si passa una bella giornata all’aria aperta
- in genere dopo l’evento riprendo a giocare a tennis con una certa regolarità, dopo un’invernata di “letargo” tennistico

Ecco invece ciò che non mi piace dell’ambiente di questo torneo romano:

- i “piacioni lampadati” che vanno lì solo per farsi vedere, non capiscono un tubo di tennis e per giunta entrano pure gratis perché hanno tonnellate di biglietti omaggio
- il villaggio Vip: un ambiente “troppo Vip” e lontano dal mio modo di vedere le cose
- last but not least il cibo che viene somministrato all’interno della struttura

Quello che si può mangiare nei vari catering presenti al Foro Italico è secondo me di insufficiente qualità e schifosamente costoso. Un tramezzino costa 4 euro, la pizza e i panini dai 5 euro in su, altri piatti ancora di più…
Non parliamo poi delle cose da bere che sono vendute a prezzi esorbitanti, approfittando delle afose giornate romane. Il bello è che a vedere da lontano i luoghi dove vengono venduti questi cibi, possono sembrare quasi attraenti, anche se un pò troppo fighetti…
Alcune volte, per ovviare a questo ladrocinio, compro altrove il mio pranzo prima di entrare al tennis e lo porto con me all’interno del circolo.
Non lontano dal Foro Italico, ad esempio, c’è Pizzarium di Gabriele Bonci e la sua pizza a taglio merita davvero…come è testimoniato anche da numerosi blogger (si veda ad esempio qui e qui).
Ma Pizzarium domenica scorsa era chiuso e stavolta mi sono dovuto accontentare dei poco gratificanti cibi presenti all’interno del Foro Italico.
Quanto alle golosità offerte all’interno del villaggio Vip, è tutta un’altra storia ma chi può accedere al Villaggio Vip? Io no per esempio, a meno di conoscenze e “agganci” dell’ultimo minuto….

1 maggio 2009

Viva la tradizione: timballo di anellini

Ancora un piatto della tradizione. Le ricette della tradizione sono sempre una colonna portante della cucina italiana e non vanno mai, secondo me, “inquinate” con l’innovazione.
Questa ricetta, ancora una volta sicula, l’ho scoperta dopo essere stato in alcuni caffè/pasticcerie siciliani di Roma che oltre ad ottimi dolci propongono anche dei buonissimi piatti e prodotti salati.
Ho sempre visto questo sformato di anellini molto invitante, ma non l’ho mai assaggiato; allora mi sono detto che prima o poi dovevo provarlo o meglio provare a farlo con le mie mani!
Mi sono allora procurato, prendendo spunto da un bel libro di cucina siciliana, la ricetta di questo timballo di anellini (pasta tipica della Sicilia) che ho trovato in due versioni.
Quella che ho scelto la trovate di seguito. Da non siciliano ho avuto difficoltà a capire subito cosa era la “tuma”, che è uno degli ingredienti del piatto, ma poi ho scoperto che è un formaggio fresco praticamente senza stagionatura.
Altra “scoperta” è stata quella di fare il ragù senza pomodori di qualsiasi tipo ma solo con il concentrato di pomodoro che conferisce al ragù un ottimo aspetto, visivamente parlando.
Ecco allora la ricetta, che vi espongo in forma sintetica ma che troverete efficace lo stesso, ne sono sicuro.

Far imbiondire in un tegame, in un po’ di olio, della cipolla tagliuzzata. Aggiungere 100 gr. di burro (o sugna, aiuto!....). Poco dopo aggiungere 3-400 grammi di macinato di carne bovina. Far rosolare, far sfumare con un bicchiere di vino rosso e successivamente aggiungere un tubetto intero di concentrato di pomodoro. Aggiungere poi dell’acqua per diluire.
Far cuocere per circa mezzora e tenere da parte il ragù.
Intanto tagliare a pezzetti piccoli 150 grammi di “tuma” e grattugiare un etto circa di caciocavallo palermitano.
Cuocere nel frattempo gli anellini e scolarli “al dente”. Condirli col ragù e con il formaggio grattugiato, poco pangrattato e la tuma a pezzettini.
Intanto oliare una teglia e cospargerla di pangrattato. Porvi sopra la pasta condita e sullo strato superiore della pasta cospargere ancora di pangrattato e cucchiaiate di ragù; aggiungere anche un filino di olio extravergine.
Infornare a 180°C per mezzora e…. voilà, la tradizione è servita!