Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

30 dicembre 2014

Il caviale col risotto


Uno dei piatti che ho offerto ai miei ospiti la sera della Vigilia di Natale è questo fantastico risotto, per la cui realizzazione mi sono ispirato all’ultima edizione della Guida Gallo dei migliori risotti, proposti dai più prestigiosi ristoranti italiani ed esteri.
Si tratta di un piatto che in questa Guida è stato proposto dallo chef Atef Banna del ristorante Rossini al Cairo, un locale situato in una splendida villa a due piani nell’esclusivo quartiere di Heliopolis, con un’altrettanto splendida terrazza all’aperto nella bella stagione.
Consultando la Guida e questa proposta (risotto con salmone, melone e caviale), mi è subito piaciuta l’idea di abbinare il salmone affumicato che a me “garba” molto, con un frutto come il melone (quello bianco invernale) che con la sua freschezza contrasta bene la sapidità del pesce. Inoltre il pregiato caviale rappresenta la “ciliegina sulla torta” di questo piatto, impreziosendolo notevolmente.
Sul caviale voglio fare qualche piccolo inciso:
  • non lo mangio quasi mai, ma devo assolutamente rimediare perché è buonissimo;
  • se a Natale si spende eccezionalmente qualcosa in più per i cenoni e cose del genere, perché non concedersi allora anche del caviale che stupisce i nostri ospiti ed i nostri palati?
  • da Eataly noto con piacere che ora si può degustare a prezzi abbastanza contenuti il caviale in un abbinamento classico, che più classico non si può, con la vodka (su che tipo di vodka abbinare, dovrò dedicare un post a parte);
  • c’è un libro che bisogna assolutamente comprare che parla dell’affascinantissima storia del caviale che si chiama “Caviale, una storia magica” (“Caviar, a history of desire” in inglese) di Peter Rebeiz, presidente della mitica Caviar House Prunier.


Il caviale che ho scelto per questa ricetta è un siberian Caviar Baeri dell’azienda Agroittica Lombarda di Calvisano (BS)  un caviale molto delicato, appena salino e sapido e dal gusto avvolgente, molto adatto a questo risotto che viene reso regale grazie ad esso, ma che lascia spazio anche agli altri ingredienti.
 

Ecco come l’ho preparato:
 
Ingredienti per 4 persone:
 
400 gr di riso
250 gr di salmone affumicato tritato
30 gr burro
vino bianco
prezzemolo tritato
200 gr di melone bianco a pezzi
1 cucchiaino di caviale nero
sale e pepe bianco
brodo vegetale qb
 
In una casseruola sciogliere il burro e aggiungervi 150 grammi di salmone. Saltare a fuoco vivo per poco tempo. Aggiungere il riso, farlo tostare e sfumare col vino bianco. Far cuocere come un normale risotto, aggiungendo il brodo ogni qualvolta il riso lo assorba totalmente. Portare il riso a cottura al dente e aggiustare di sale e pepe bianco. Aggiungere quindi il resto del salmone e il prezzemolo. Infine inserire il melone e servire ben caldo, guarnendo col caviale in più parti del piatto.
E’ un risotto ideale per eleganti cene o per quelle delle feste natalizie e quindi anche per il cenone di Capodanno.
E a tal proposito, visto che siamo giunti a fine anno, vi faccio tanti auguri per un favoloso e goloso 2015. All’anno prossimo!

24 dicembre 2014

Metti una sera a cena con…. Fellini


Recentemente sono stato ad una cena molto particolare e decisamente diversa dalle solite.
Diversa, per almeno due ordini di motivi: il primo, perché durante il suo svolgimento sono state proiettate delle scene di un film; il secondo, perché a queste scene sono stati abbinati i piatti che hanno composto il menù della cena stessa.
Si trattava infatti di una serata di Cinegustologia, termine “inventato” e creato da Marco Lombardi, giornalista e critico gastronomico, che in buona sostanza significa “abbinare” le scene di un film o un film nella sua interezza a determinati piatti o vini. Si tratta in pratica quasi di un gioco del “se fosse”… Se un determinato film fosse un piatto, a quale corrisponderebbe?
La cena ha avuto come tema centrale il grande Federico Fellini e il suo capolavoro “La Dolce Vita”, dal quale sono state tratte alcune scene a cui sono stati abbinati altrettanti piatti.  


La serata si è tenuta presso lo storico ristorante Al 59 (Via Angelo Brunetti, 59, appunto) che Fellini frequentava assiduamente, alla presenza anche della nipote (Francesca Fabbri Fellini) del grande regista. Quest’ultima tra l’altro ha scritto anche un interessante libro sul rapporto tra Fellini e la cucina (“A tavola con Fellini”), che rappresenta un omaggio alle gioie semplici di una tavola genuina e casalinga, con tanti ricordi, curiosità e piccoli riti.
Nel ristorante figura una targa vicino al tavolo dove abitualmente Fellini si accomodava e accanto ad essa uno dei disegni che ogni tanto il Maestro, quando era a tavola, abbozzava. 
 

 

La serata ha visto proporre piatti gustosi e interessanti ma anche particolari, fuori dagli schemi, con abbinamenti tra gli ingredienti a volte un tantino azzardati e provocatori, laddove le scene del film si riferissero ad esempio ad aspetti grotteschi, come se ne trovano nella pellicola della Dolce Vita.
 
 
 
Ma non sono mancati dei piatti classici che hanno aperto e chiuso la cena. In apertura, come amouse-bouche, sono stati offerti degli ottimi tortellini in un ottimo brodo, con una aggiunta originale, una chiccheria, che il Maestro usava fare: un goccio di whisky nel brodo che fornisse aroma e quel “non so che” ad un piatto già ottimo. Un piatto che si faceva preparare o in questo ristorante (servito dallo storico cameriere Aminta, detentore di infiniti aneddoti sul grande regista) o a casa dalla sorella.
Per concludere la cena e per discostarsi necessariamente un po’ dai piatti del menù, lo chef ha proposto una splendida spaghettata aglio, olio e peperoncino che gli invitati hanno senz’altro molto gradito, pur a stomaco pieno.
 
 
Il ristorante, del resto, offre abitualmente piatti classici della cucina romana e anche di quella della terra di origine di Fellini, preparati dal bravo chef della serata, nonché proprietario e nuovo gestore del locale Alberto Colacchio.
Viene ad esempio riproposto il carrello dei bolliti che la gente continua a richiedere e viene utilizzata come un tempo la macchina della pasta degli anni ‘50, per permettere a tutti di immergersi nell’atmosfera di quegli anni. “Darò comunque ad ogni piatto il mio tocco personale, senza però sconvolgerne l’idea - sostiene lo chef - perchè non ce n’è bisogno”.
Tornando alla cinegustologia, gli appuntamenti “cine-gastronomici” con Fellini, comunque, non sono finiti con questa cena. Ecco il calendario dei prossimi eventi, a ciascuno dei quali è abbinato uno specifico menù: 
  • 15 gennaio “Lo sceicco bianco”
  • 12 febbraio “I clowns”
  • 12 marzo “Otto e mezzo”
  • 16 aprile “Amarcord”
  • 14 maggio “Ginger e Fred”
Consiglio vivamente di partecipare a questi appuntamenti, per ritrovare le atmosfere e i piatti che hanno visto il grande Federico essere protagonista della dolce vita romana di un tempo.
 
Ps: ah, è Natale: auguri a tutti!

18 dicembre 2014

Le magnifiche storie di Foodies 2015


Ho già scritto tante volte della Guida Foodies del Gambero Rosso, una guida in cui mi identifico molto e che è la mia preferita tra le tante che esistono in giro. E poi è una Guida a cui collaboro ormai da tanti anni… e quindi la sento particolarmente “mia”.
Si tratta di una “bussola” per autentici “cercatori del gusto” che appunto cercano (e non trovano...) i locali gourmet, che non sono necessariamente posti stellati o economicamente inaccessibili. I foodies, comunque, per loro indole sono disposti a spendere più del normale pur di assaggiare qualcosa di unico, ricercato, non consueto e soprattutto buono.
 


Parallelamente, molto spesso dietro i locali foodies si nascondono realtà e storie davvero interessanti e da raccontare. Storie che quasi sempre ripagano i proprietari di questi locali di tanti sacrifici fatti, prima di giungere al meritato successo. Ecco allora che scopro (non si finisce mai di imparare!) in questa ennesima bella Guida che lungo il nostro stivale esiste addirittura un pastry resort o una bottega che vende tortellini al bicchiere.
 

Cosa li accomuna? Niente da un lato, tutto dall’altro. Sono proposte diversissime fra loro, eppure mettono d’accordo le persone più disparate. Perché per tutti c’è una passione autentica per il cibo, nell’ambito della quale quel che conta è la “sostanza”. Senza dare troppa enfasi alla forma e all’estetica a cui a volte si dà eccessivo peso, a mio avviso.
Foodies 2015 del Gambero Rosso di locali così ne ha messi insieme un migliaio, girando l’Italia in lungo e in largo, anche negli angoli più impensati, a caccia appunto di storie da raccontare.
La Guida Foodies, giunta alla quinta edizione, ogni anno racconta un pezzo d’Italia diversa, costruendo percorsi insoliti. Niente voti e classifiche, solo qualche stella riservata a qualche posto da portare come esempio emblematico dello “stile foodies”.
In occasione del sempre bell’evento di presentazione della Guida, ho potuto scoprire ancora una volta dei locali nuovi che appena capiterà (anche se non si trovano a Roma) visiterò di sicuro.
 

Una prima citazione va fatta per il Mercato centrale Firenze che ha offerto tra i tanti prodotti uno spettacolare salame di pistacchio al tartufo, o per Cucina.eat di Cagliari con dei Culurgiones da favola.
 

Devo citare poi “quello” dei tortellini al bicchiere di cui sopra (la Bottega dei Portici a Bologna), che utilizza materie prime di primissima qualità e il prodotto finale ne risente necessariamente in meglio. Senza dimenticare gli squisiti formaggi (ottimo quello al rosmarino!) de La formaggeria che si “nasconde” in un mercato, quello di Piazza Epiro a Roma, dove da piccolo accompagnavo innumerevoli volte mia madre.
 

E come non citare i…. prelibati paninetti di Stefano Preli e del suo locale Prelibato a Roma che non poteva prendere altro nome se non quello?
 

Del resto la regione di provenienza di questi ultimi due locali, il Lazio, la fa da padrone in questa Guida con ben 83 locali censiti, seguito dalla Toscana con 65 e dalla Lombardia con 62.
Prima di chiudere vi segnalo che una delle novità della Guida di quest’anno è che il Pastificio dei Campi ha realizzato un mini ricettario all’inizio della stessa, con tre proposte di pasta a misura di foodies.
 
 
Patate viola croccanti da mettere sulla pasta e patate
Una di queste, che ho assaggiato, è la pasta e patate con salsa alla provola e al riccio di mare, guarnita con patate viola croccanti: un gran piatto, del tutto all’altezza delle grandi eccellenze che ogni anno scopriamo e riscopriamo in questa Guida, da veri foodies quali siamo.
 
Foodies 2015
Gambero Rosso®
in edicola e in libreria
pp  320 euro 14.90

14 dicembre 2014

Sauté...de Bretagne


 E’ da un po’ di tempo che non parlavo di Bretagna e dovevo rimediare. Perché tutti voi conoscete il mio infinito amore per questa regione oltre che per i suoi prodotti e piatti tipici, vero?
Beh, oggi ve ne parlo appunto attraverso un suo prodotto Igp, il Cidre de Bretagne o Cidre Breton. Un gran prodotto, assaggiato tante volte nella terra di Mago Merlino o anche nell’ottimo Breizh Café a Paris, classicamente abbinato con le crêpes o anche le galettes.
 
 
La Bretagna è una delle due principali regioni di coltivazione delle mele da sidro (l’altra è la Normandia, ovviamente) e di elaborazione dello stesso e rappresenta il 40% della produzione nazionale di sidro, il cui termine figurava già in testi del VI secolo.
Come si legge nel disciplinare, il sidro di Bretagna si presenta come una bevanda chiara, con una schiuma sottilmente cremosa e bollicine all'interno del liquido. Il colore varia dal giallo paglierino al marrone-mogano, secondo la composizione varietale e la zona. Per questo motivo le varietà di sidro della zona Ille et Vilaine, tradizionalmente più acide, sono chiare, mentre quelle del Finistère meridionale, dove predominano le mele amare, hanno una colorazione scura più accentuata. Le varietà di sidro di Bretagna sono caratterizzate da aromi ricchi, corposi e rustici, con note fruttate e di fiori, arricchiti di aromi di maturazione speziati.
Capite bene quindi che si tratta di un prodotto eccezionale che ben si accompagna ai piatti tipici di questa splendida regione, che si immerge nel mare tormentoso e tormentato, punteggiato da affascinantissime “sentinelle” che rispondono al nome di fari.
E proprio con un prodotto del mare, nella ricetta che vi propongo oggi, ho voluto abbinare questo sidro Igp.
Ho preparato infatti un sauté di cozze al sidro e ne è venuto fuori un autentico capolavoro.
 
 
Ecco come l’ho fatto: in una casseruola ho fatto imbiondire dello scalogno in olio extravergine di oliva. Piccolo inciso sullo scalogno: ogni volta che lo uso, specie con i frutti di mare, “faccio un immediato viaggio in Francia” perché il suo odore mi riporta subito oltralpe, mi ricorda i plateaux di frutti di mare, degustati davanti al mare, con nelle narici il profumo del mare.
Ma torniamo alla nostra ricetta. Nella stessa casseruola ho fatto aprire le cozze ben pulite e raschiate, a fuoco vivace e coprendo con un coperchio.
Ho aggiunto quindi mezza bottiglia da 33 cl di sidro Igp secco e poca panna o crema di latte. Ho fatto ben insaporire per una decina di minuti sul fuoco e servito, guarnendo con dei gambi di sedano e le loro foglie.
Che dire? Un piatto buonissimo, di mare, con il sidro che non è per niente invasivo e dolce e che dà solo aroma e profumo.
Mi sento assolutamente di dire che potrebbe essere un’idea un pò diversa da proporre nel menù della Vigilia (che mica è tanto lontana). Che ne pensate?

8 dicembre 2014

Gusto a prova di…bomba


La mia conoscenza con le “bombette” di Martina Franca l’ho fatta al Salone del Gusto di Torino di parecchi anni fa. Nel caos del fine settimana, nell’affollata area dello street food, ho notato infatti delle sfizioserie pugliesi succulentissime e gustosissime che rispondevano al nome di “bombette”. Ed è stata un’esperienza gustativa unica e irripetibile.
Da allora, poi, non le ho più assaggiate, fino a quando non le ho trovate di recente da Eataly, fresche e pronte da cuocere.
Le bombette in pratica sono degli involtini di capocollo di maiale, normalmente ripieni di Canestrato pugliese e a volte di fettine di salumi a scelta (ma sul tipo di ripieno le scuole di pensiero sono tantissime!), chiusi a fagottino per non far fuoriuscire il formaggio che, cuocendo, fonde. E l’origine del nome probabilmente dipende dal fatto che, una volta cotte, sprigionano tutto il loro sapore come una piccola bomba.
Quanto al modo di cucinarle, un classico è quello di cuocerle alla griglia (servite in cartocci), Dovete infatti sapere che a Martina Franca, nella Valle d’Itria e in altre zone della Puglia, è tradizione che i macellai abbiano un “fornello” (furnidd) accanto al negozio per cuocere immediatamente la carne venduta. E’ una delle tante, fantastiche e variegate espressioni dello street food nazionale, nata inizialmente per celebrare feste religiose e successivamente estesa a tutti i periodi dell’anno come momento conviviale. Con piccoli spazi delle macellerie riservati a tavoli e panche, per consentire di apprezzare le specialità in un ambiente informale.
Ebbene, da circa quarant’anni, alcuni macellai di Martina Franca (a proposito: Martina Franca è famosa anche per il suo davvero ottimo Capocollo stagionato!) hanno aggiunto, alle consuete cotture alla brace, anche queste splendide bombette.
Detto ciò, vi dico come ho preparato le mie bombette che al loro interno contenevano (preparazione di Eataly) ingredienti un pò diversi, la toma e la mortadella.
In mancanza di una griglia a casa mia degna di questo nome, ho preparato queste delizie in umido, con olio extravergine, vino bianco, rosmarino e poco brodo vegetale a bagnare il tutto, in caso che il sughetto che si è formato si asciugasse troppo.
Il risultato è stato altrettanto ottimo, super gustoso, da abbinare rigorosamente ad un buon Primitivo e a del rustico Pane di Altamura.
W lo street food italiano!

2 dicembre 2014

Panificando con Francesca Maggio


In un pomeriggio romano di inizio weekend ho frequentato di recente un corso molto interessante sulla panificazione. Un corso a cui tenevo particolarmente, per saperne di più su una materia abbastanza complessa e di cui ho conoscenze solo superficiali.
Il corso, della durata di tre ore circa, si è tenuto presso la pasticceria Almondart (Via Alberico II, 2a - Roma - Tel. 87462322 - cell. 335 8016920) ed ha avuto come docente la bravissima Francesca Maggio, maestra di cucina e pasticceria e socia fondatrice insieme a Luca Montersino della scuola Icook di Chieri in provincia di Torino.
 
 
La preparata e simpatica Francesca ci ha dato consigli e dritte utilissime sull’arte della panificazione, che hanno permesso di preparare degli impasti perfetti, soffici e elastici (grazie anche al prezioso supporto di un’impastatrice professionale CookingChef Kenwood) e dei pani dal profumo inimitabile.



Dei profumi che ci hanno piacevolmente accompagnato durante tutto il corso e che inevitabilmente ci riportano a quelli dell’infanzia, che si sentivano nelle cucine delle nostre nonne. O nelle panetterie sotto casa (allora molto più artigianali di oggi) dove, ancora abbastanza piccoli, compravamo del pane per le nostre mamme e spuntavamo qualche “omaggio” di pizza bianca.
Del corso mi ha colpito anche l’estrema cura e trattamento “di riguardo” che la docente dava all’impasto, accarezzandolo, coccolandolo, vezzeggiandolo, tutelandolo, come si fa con un bambino fragile e indifeso.
 

E’ proprio vero che più amore si mette in tutte le cose che si fanno, più i risultati sono meravigliosi.
E non potevano che essere tali i pani che sono venuti fuori dalle sapienti mani di Francesca, uno alle patate, uno in cassetta, uno rustico con segale e farro e uno a treccia “a quattro capi” (riuscirò mai a riprodurlo?).
 

Ottimo in particolare il pane di patate, soffice, morbido, buono anche senza nessun accompagnamento. Il pane in cassetta che è stato preparato, poi ,“è tutto un altro mondo” rispetto a quello commerciale che siamo abituati ogni tanto a consumare.
Il pane prodotto è stato abbinato comunque a degli ottimi salumi e salse, tra cui quella al formaggio e mandorle, ottimamente preparata da Almondart.
 

Piacevoli anche le chiacchiere post-corso con gli “allievi”, persone molto motivate e già preparatissime, tra cui anche la nota e simpatica Anna Moroni.
Un ringraziamento doveroso deve andare a chi mi ha invitato a questo corso e a Giovanna Magri e Marcella Argiropulos di Amondart, il cui negozio vi invito a visitare.
 

Perché oltre ad organizzare corsi fa molto di più. Le sue torte sono come le avete sempre sognate: in  pasta di zucchero o decorate con fiori freschi o ancora impreziosite con decorazioni di pasta di mandorle: provare per credere!