Il mare, il buon bere, il mangiare bene e...chi più ne ha, più ne metta

29 aprile 2015

Irpinia, that's amore


Di recente ho visitato la splendida Irpinia. Prima del mio weekend trascorso in questa bella porzione di Campania, ne avevo sentito parlare dal punto di vista enogastronomico soltanto per i suoi ottimi vini, per alcuni importanti ristoranti presenti qua e là e…, sul fronte calcistico, per le gesta dell’Avellino degli anni ’80 (col brasiliano Juary, in particolare, che portò alla ribalta nazionale i cosiddetti “lupi irpini”).
Ma ero sicuro, e ne ho avuto conferma, che l’Irpinia era ed è molto di più.
Con un gruppo di bravi foodblogger, perlopiù romani, abbiamo infatti compiuto un bel tour per le strade di questa regione, che ci ha consentito di apprezzare pienamente sia le sue bellezze naturali, sia i numerosi casi di eccellenza produttiva e aziendale, sia gli ottimi piatti tipici che regala questa zona.
Un’area contornata da montagne, situata com’è nell’appennino meridionale, con un affascinante e direi quasi misterioso succedersi di valli ed alture, tra le quali si insinuano fiumi e torrenti, che rendono davvero spettacolare il paesaggio per il visitatore.


Il percorso del nostro blog tour ci ha fatto scoprire pian piano i tesori che nasconde questa terra, fino a poi farci completamente innamorare dei suoi giacimenti enogastronomici e dell’attraente paesaggio.
Il primo giorno, dopo un viaggio tutto sommato breve da Roma, abbiamo subito fatto tappa per il pranzo presso il ristorante Martella il più antico del centro storico d’Avellino, dove abbiamo avuto modo di assaggiare le prime tipicità locali.
In primis un’ottima ricotta, che da queste parti è davvero speciale e cremosa e che, insieme a prodotti come il caciocavallo podolico e la scamorza, rappresenta uno dei prodotti lattiero-caseari più rappresentativi dell’area.
Da Martella la ricotta è stata co-protagonista di vari piatti, tra cui quello dei ravioli di magro con tartufo di Bagnoli Irpino. Una splendida pietanza, che mi ha permesso di scoprire anche un altro grande protagonista di questa terra, il tartufo, che a differenza di altri tartufi neri è molto più aromatico, appena amaro e sempre molto profumato.


Intanto, sul fronte del bere, abbiamo subito avuto conferma della potenza e della bontà dell’Aglianico, che ben si abbinava con molti piatti offerti. La ricotta è tornata poi ancora in ballo nell’ottima crostata che ci è stata servita a fine pasto.
Nel corso del nostro tour, abbiamo apprezzato il territorio irpino anche grazie a due blogger avellinesi che durante il weekend ci hanno fornito elementi e chicche interessanti sia sul territorio irpino sia sulle sue specialità. Dal centro di Avellino, mi faceva notare Michela, si scorge la vetta inconfondibile, che nel momento in cui l’ho vista si stagliava in un cielo azzurrissimo, del Santuario di Montevergine, un posto molto suggestivo dove non potrò sicuramente mancare la prossima volta che sarò in questa zona.
Il pomeriggio del primo giorno abbiamo cominciato a prendere confidenza col paesaggio irpino andando a conoscere un’interessantissima azienda a Montella, regno della castagna Igp. L’azienda in questione si chiama Perrotta e la relativa visita è stata davvero interessante. Innanzitutto per i suoi bei castagneti e per la incantevole limitrofa cascata.



Ma anche per la visita ai locali veri propri dell’azienda e la ricostruzione del processo produttivo (abbiamo potuto ammirare i “gratali”, luoghi dove le castagne vengono fatte essiccare a fuoco di legna) che porta a realizzare molti prodotti a base di castagne. Una produzione di carattere artigianale che nasce dalla forte vocazione castanicola del territorio, ma che non disdegna di usare anche un pizzico di tecnologia. Tra gli ottimi prodotti degustati, le castagne al rhum, quelle definite “del prete”, essiccate e tostate, e le creme di castagne.
In serata poi abbiamo cenato nell’ottimo ristorante Megaron a Paternopoli, in cui “ho fatto la conoscenza” con uno speciale presidio Slow Food, il Broccolo Aprilatico. Un broccolo primaverile di colore verde scuro intenso e dalle cime croccanti se crude, ma succose e di sapore gradevole dopo la cottura.


Un prodotto che ci è stato splendidamente proposto con dei tipici fusilli fatti in casa, ma che può essere servito anche come semplice contorno, magari in abbinamento, secondo la tradizione locale, con la carne di maiale.


Il secondo giorno del nostro tour è cominciato con una visita a Lauro del bellissimo castello Lancellotti. La strada che ci ha portato al castello era ancora una volta spettacolare, ammantata di noccioleti, altro vanto dell’Irpinia.
La visita al castello è stata per motivi di tempo piuttosto breve, ma abbiamo potuto apprezzare le sue bellezze esterne e interne, con sontuose sale affrescate, splendidi corti e giardini molto piacevoli e curati.



Ci attendeva infatti la visita all’azienda agricola Gaia presso la quale ci siamo fermati a partire dal pranzo. Questa visita è stata, devo dire, una delle cose che ricordo con più piacere in questo mio tour e ritengo che meriti un post a parte che pubblicherò appena dopo di questo.
Qui basti dire che in quest’azienda siamo nel regno della cipolla di Montoro, una materia prima di cui avevo sentito parlare per la prima volta dal grande chef Gennaro Esposito. La cipolla ramata di Montoro, in particolare, è una cipolla dal gusto delicato, non forte, digeribile che ben si presta a mille preparazioni.


Ne abbiamo avuto la conferma consumando, nel bel ristorante dell’azienda, quasi un intero pranzo a base di questo fantastico prodotto: anelli di cipolla fritti in pastella, parmigiana di cipolle (con pecorino al posto del parmigiano), una ottima genovese, fino ad una fragrante crostata con composta di cipolle e ad un delizioso panettone con cipolla candita (definito Pan Ramato).

La mitica genovese è ancora più buona con la cipolla ramata di Montoro
Dopo una istruttiva e interessante visita a questa azienda, poco dopo presso gli stessi suoi locali abbiamo avuto modo di conoscere i prodotti di altre imprese di eccellenza del territorio irpino, come i tipici torroni dell’azienda Dolci Terre  o dei fratelli Nardone, i biscotti artigianali dell’azienda Lilià, i vini della Tenuta Cavalier Pepe e i prodotti che costituiscono un'altra punta di diamante del territorio irpino, e cioè quelli di salumeria. Sopressate, salsicce e culatelli, infatti, qui sono buonissimi come quelli del salumificio Montecalvese. Non ultimo, anche l’olio dell’azienda De Marco.
Il programma della giornata ci ha poi portato la sera a cenare ad Atripalda nella “Trattoria con alloggio” Valleverde, nota anche per le sue ricette a base di baccalà, dove abbiamo potuto continuare il nostro percorso di degustazione e di “approfondimento” della cucina irpina. Ottimi vini bianchi e rossi, pasta tipica fatta a mano e molto altro ancora. A proposito di vini, non dimentichiamo che l’Irpinia è la terra di tre importanti Docg, il Fiano di Avellino, il Greco di Tufo e il Taurasi; non vi è in Italia un’area in cui tante Docg sono concentrate in una così ristretta zona!
L’ultimo giorno del nostro tour prevedeva una visita ad una nota azienda vitivinicola del territorio irpino e cioè i Feudi di San Gregorio in località Sorbo Serpico, non lontano da Avellino.



Un’azienda giovane (nata nel 1986) con dei vertici aziendali altrettanto giovani (il presidente Antonio Capaldo ha appena 37 anni), ma che si è affermata molto bene innanzitutto dal punto di vista qualitativo ma anche quantitativo (3,5 milioni di bottiglie all’anno).
Qui, a 500 metri di altitudine, vi sono le condizioni ideali per la coltivazione della vite, con forti escursioni termiche tra il giorno e la notte. La nostra passeggiata guidata nell’azienda ci ha fatto scoprire innanzitutto il giardino dei profumi, con tantissimi tipi di erbe aromatiche, di supporto alla splendida cucina del ristorante stellato dell’azienda, Marennà, che avremmo apprezzato di lì a poco.


Abbiamo poi avuto la conferma che i tanti vini prodotti dall’azienda, che valorizzano i vitigni locali (Greco, Fiano, Falanghina, Aglianico), sono coltivati su terreni dalla composizione anche profondamente diversa. Ad esempio, il Greco di Tufo proviene da uve che sono coltivate su terreni gessosi di tufo che conferiscono all’uva Greco, e quindi al vino, mineralità, freschezza e persistenza, caratteristiche che amo tanto in un bianco.


E’ stata poi la volta della visita all’ampia e splendida cantina, situata in un edificio dallo stile architettonico contemporaneo, essenziale ed elegante. In fondo alla cantina si può ammirare anche un presepe molto bello, che ricorda gli antichi mestieri agricoli dell’Irpinia. Nella bottaia, mentre acquisivamo interessanti notizie illustrateci da chi ci ha accompagnato, abbiamo degustato un ottimo spumante metodo classico insieme a dei notevoli salumi e formaggi irpini. Abbiamo ricevuto inoltre in regalo delle bottiglie personalizzate con le nostre iniziali. 


Il tutto rientra in un interessante progetto che prevede la possibilità di autorealizzare la propria etichetta. Chi volesse cominciare da subito, anche per un’idea regalo, può cliccare su questo link. E il tutto si può anche condividere con gli amici sui social network, utilizzando l’hashtag #latuaetichettafeudi .
Il nostro tour si è concluso degnamente con un ottimo pranzo al ristorante Marennà. Un ristorante stellato (1 stella Michelin) con un bravissimo chef, Paolo Barrale, la cui cucina avevo già avuto la fortuna di assaggiare.


La mia food experience presso questo ristorante è stata, come mi attendevo, notevole. Innanzitutto mi ha colpito la grande cura dei particolari, sia sulla tavola che nei piatti offerti. Inoltre la cucina di Barrale ci ha consentito di continuare la nostra “visita guidata” nella tradizione gastronomica irpina e campana, con qualche guizzo e sconfinamento nell’innovazione.
Alcuni piatti, infatti, sono risultati davvero geniali, conservando tra l’altro la nitidezza dei singoli sapori, che al tempo stesso erano ben integrati tra loro. Molto interessante ad esempio l’intuizione del “caviale vegetale” nel baccalà con crema di scarola e mandorle. Un effetto-caviale fornito addirittura dai semi di basilico essiccati, “gelatinizzati” e resi sapidi attraverso la loro infusione in colatura di alici. Veramente ottimi e cromaticamente perfetti anche i ravioli di borragine, asparagi, burro di manteca e stravecchio di bruna alpina.


Ma il piatto che più ha sorpreso tutti gli ospiti è stata l’interpretazione della pastiera da parte dello chef, servita sotto forma di spuma di ricotta, grano cotto, palline di frolla e sorbetto all’arancia. In bocca vi erano tutti gli aromi e i sapori di un’autentica pastiera napoletana, ma con consistenze molto diverse e piacevoli contrasti. In abbinamento, l’ottimo Privilegio 2013 Irpinia Fiano Passito Doc. Devo dire che una conclusione del nostro tour non poteva avvenire in un modo migliore.


Non c’è che dire, l’Irpinia mi ha davvero stregato e questo weekend non ha fatto che aumentare il mio desiderio di tornarci prestissimo.
Un doveroso ringraziamento deve andare alla Camera di Commercio di Avellino che mi ha permesso di scoprire questo splendido territorio e a Giulia Murdocca e Stefano Carboni, menti organizzative del tour e della società MG Logos. Vi segnalo infine che le aziende irpine che sono state citate in questo post saranno presenti la prossima settimana a Milano a TuttoFood e nel padiglione dedicato all’Irpinia durante l’Expo. Visitatele e vi assicuro che non ve ne pentirete!

22 aprile 2015

Sulle Strade della Mozzarella


Era da tempo che volevo essere presente a “Le Strade della Mozzarella”, un evento che celebra uno dei più straordinari prodotti caseari del mio Sud e del nostro bel paese, la Mozzarella di Bufala Campana Dop.
Un prodotto che amo tanto, innanzitutto per il suo gusto caratteristico e delicato, per la sua freschezza, ma anche per il fatto stesso che è del Sud e che quindi non può che essere buono ;) …. e ancora per la sua evocazione di mediterraneità e di aria di casa, di vacanze al mare, di capresi (e non mi riferisco al dolce..), di pomodori pieni di sole, di profumato basilico, di pizza napoletana...


Mi sono recato su quelle Strade anche perché volevo conoscere Paestum, luogo del Congresso, per continuare ad apprezzare la zona del Cilento e le sue mai troppo valorizzate bellezze e risorse territoriali.


Per tutti questi motivi, sono quindi stato per la prima volta a “Le strade della Mozzarella”, l’evento annuale in cui i migliori chef italiani ed internazionali realizzano e presentano ad un parterre di rilievo di giornalisti ed esperti di settore le loro creazioni, utilizzando come ingrediente principale l’oro bianco del Sud.
Anche se la mia permanenza si è limitata al solo primo giorno dei due previsti, l’esperienza è stata molto interessante e formativa, devo dire. Per tante ragioni.
Innanzitutto ho apprezzato l’ottima organizzazione, perfetta, impeccabile, senza nessuna sbavatura. Ma ho molto gradito anche:
  • l’elevatissima qualità dei “relatori” presenti, che forniscono sempre spunti ed idee interessanti, che un foodblogger curioso come me non può non provare a mettere in pratica;
  • la bellezza del posto e l’incanto delle strutture dove sono stato ospitato;
  • l’approccio molto “alla mano” che ha sempre la gente del Sud, che mi fa sentire come a casa.
Ho avuto inoltre l’opportunità e il piacere di conoscere nuove e interessanti persone, di ritrovare tanti amici e, non ultimo, la possibilità di anche di assaggiare, oltre che vedere eseguire, tanti ottimi piatti e prodotti tipici.
Tra questi, evidentemente, la mozzarella di bufala che da queste parti è speciale, ma ho apprezzato forse ancor di più l’ottima Ricotta di Bufala Campana e la provola affumicata, dallo spiccato e deciso sapore, ben diverso dal prodotto che trovo nella città dove vivo.


Nella giornata in cui ho seguito il Congresso, una sorta di Identità Golose del Sud, presso le eleganti sale del Savoy BeachHotel ho avuto l’opportunità di apprezzare la cucina di tanti bravi chef, con le loro presentazioni moderate dalle più importanti penne della critica enogastronomica nazionale. E la conclusione che ho potuto trarre è che la mozzarella di bufala Dop è amata trasversalmente, a prescindere dai diversi tipi di interpretazione gastronomica che ciascuno chef può adottare.
Il Congresso si è aperto con le creazioni del grande Pino Cuttaia che ha proposto un interessante uovo a tegamino con finto albume (sostituito dalla ricotta di bufala) e ortaggi di stagione (asparagi, fave, crema di piselli), impreziosito da un tocco di sapidità dato dalla colatura di alici (in spray!) e dalla bottarga di tonno, da lui definita il tartufo di Sicilia. Un piatto che è possibile preparare anche in casa e che mette insieme piacevolmente dolcezza, cremosità e sapidità.


Meno replicabile tra le mura domestiche è stato invece il piatto presentato da Cristina Bowerman, con una preparazione molto particolare che vuol ricordare la pasta al forno della domenica. Ma in versione vegetariana, con gli ziti ripieni di ricotta di bufala e con l’aggiunta di ragù di seitan (trattato in modo tale da essere considerato come carne e cotto nel latte della mozzarella). Interessanti anche le note “bruciacchiate” di pomodoro, create per ricordare la crosticina che si forma quando mangiamo la golosa pasta al forno.


E’ stata poi la volta di due chef che adoro: Ernesto Iaccarino e Oliver Glowig, la cui cucina presenta connotati decisamente mediterranei, adottando ingredienti di qualità delle terre del Sud e della Campania, a cui sono strettamente e intrinsecamente legati.


Ernesto Iaccarino, prima di realizzare il suo piatto, ha mostrato un video che racconta la storia della sua azienda agricola e del suo ristorante, che vanta anche numerosi clienti stranieri. Il suo piatto presentato quest’anno è un delizioso soufflè tiepido di mozzarella, accompagnato da spaghetto soffiato, neve di mozzarella, pomodorini vesuviani, emulsione di basilico e “polvere” di origano. Tutti ingredienti davvero ben combinati e proposti in varie consistenze: in una parola, un gran piatto!
Oliver Glowig è invece uno chef tedesco che ora delizia i palati dei romani (ristorante dell’Hotel Aldrovandi di Roma), dopo aver esercitato la sua attività per circa dieci anni a Capri.


Oliver sostiene, cosa che io condivido pienamente, che la mozzarella non debba essere “manipolata” e che invece deve essere degustata in purezza. Partendo da questo concetto, l’ottima proposta che ci ha presentato è stato un delizioso piatto freddo composto da una base di salsa di pomodoro (ottenuta da datterini frullati, insieme a fior di sale, olio evo, basilico e sentore di aglio), su cui poggiare una sfera di mozzarella di bufala, un freschissimo scampo ed ancora del caviale…; ai lati una pasta mista, ripiena in alcune sue componenti di pesto di basilico. Un antipasto fresco, leggero, dolce, con qualche nota di sapidità a bilanciare il tutto.


Uno dei piatti più interessanti della prima giornata, a mio avviso, è stato quello di Matias Perdomo che ha presentato le sue “Muffarelle”. Cioè a dire delle mozzarelle di bufala stagionate e invecchiate (in foglie di castagno, cenere o grappa) con i metodi d’invecchiamento di una toma di capra (15 giorni a temperatura controllata, con aggiunta di penicillina). Lo chef uruguaiano ha quindi creato in tal modo originali sfumature di sapore, con varie possibilità di abbinamento, che consentono di equilibrare il sapore deciso che deriva dalla stagionatura. Quattro le proposte, tra cui quella di una “muffarella” a crosta lavata in abbinamento a del dolce pomodoro al vapore e a uno spicchio di pomodoro d’albero, un prodotto sudamericano di grande acidità; o quella avvolta nelle foglie di castagno abbinata ad una gelatina di Marsala. Delle proposte, quindi, un po’ provocatorie, ma che mi hanno favorevolmente colpito.


Poco prima del mio rientro a Roma sono riuscito a seguire, anche se non completamente, anche le conferenze di Heinz Beck e Ciccio Sultano.
Il primo, sempre geniale e in una sala affollata fino all’inverosimile, ha proposto i tortellini di basilico in salsa caprese e la melanzana in salsa limpida di pomodoro e mozzarella grattugiata.
Sultano invece ha chiamato in causa anche un altro prodotto del territorio di Paestum, il carciofo, che viene cotto alla fornacella (nella cenere, secondo la tradizione siciliana). Il carciofo diventa il contenitore per la mozzarella, e viene poggiato su un medaglione, sempre di mozzarella, ricoperto di pangrattato al finocchietto selvatico. Al tutto è stato aggiunto del brodo di pollo, del tartufo grattugiato e pomodorini e peperoncini canditi. Un interessante piatto anche questo!


Avrei voluto seguire altre presentazioni nella prima giornata, ma purtroppo sono dovuto rientrare a Roma. Mi riservo davvero l’anno prossimo di tornare a Paestum per più giorni e godere appieno delle interessanti conferenze e delle bellezze che la natura locale offre.
Un doveroso ringraziamento infine deve andare a Bruna e Albert Sapere e Barbara Guerra per la perfetta organizzazione, che ha incluso anche delle piacevoli cene tra cui quella alla cantina San Salvatore, con ottimi vini,



grandi piatti campani (sartù in primis) e, ovviamente, una deliziosa mozzarella.

19 aprile 2015

Un weekend nella verde Irpinia


Ho appena trascorso un bellissimo weekend in Irpinia, visitando cantine, aziende produttrici di tipicità locali e, ovviamente, ottimi ristoranti che ben interpretano la cucina del territorio.
Chi mi segue sui social network, ha già avuto modo di leggere  e ammirare qualche anticipazione del mio tour, ma a breve troverete i miei reportage più approfonditi.
Stay tuned…

10 aprile 2015

Valorizzando la Candonga...


Ho scoperto da poco una varietà di fragola molto buona. Si chiama Candonga ed è prodotta, a quanto so, nella zona del Metaponto in Basilicata.
E’ una fragola che sin dall’odore colpisce il consumatore per la sua freschezza, mentre al gusto risulta succosa, aromatica, dolce e croccante.
Il mio primo “test” con la Candonga l’ho fatto assaggiandola in purezza, riscontrando le ottime caratteristiche che avete appena letto, ma poi ho voluto utilizzarla anche in qualche buona ricetta.
Una di queste è quella che vi propongo oggi che proviene, con qualche mia variante, da uno dei miei “chef-idoli” e cioè Giorgione, che l’ha presentata in una sua trasmissione TV sul Gambero Rosso Channel. Una ricetta che ho voluto riproporre perché mi intrigava parecchio.
Si tratta di una preparazione un po’ azzardata, composta da ingredienti “salati” a cui abbinare le fragole e non è detto che soddisfi i gusti di tutti, ma secondo me è buonissima e ritengo che possa piacere ai gourmet e agli intenditori a cui principalmente mi rivolgo quando scrivo i miei post.
Ecco allora gli ingredienti che servono per questo piatto, che ho denominato

Nudi di ricotta alla salsa di fragole
(piccolo inciso: non ho usato, come nella ricetta originale, una pasta fresca ripiena di ricotta, ma dei “nudi” di ricotta. Cosa sono i nudi? Sono delle quenelles composte da ricotta impastata con farina e parmigiano e fatte cuocere in acqua bollente salata)


Ingredienti
(per 4 persone)

Per i nudi:
20 cucchiai di ricotta
5-6 cucchiai di farina
3 cucchiai di Parmigiano Reggiano
buccia di limone bio grattugiata qb
un pizzico di noce moscata
foglioline di menta

Per il resto della preparazione:
1 cestino di fragole Candonga (o anche meno)
guanciale, 2 fette di medio spessore
1 cipolla rossa di Tropea
olio extravergine
vino bianco
sale e pepe
Parmigiano Reggiano 30 mesi qb

Esecuzione

In una pentola far appassire in olio evo la cipolla tagliata a pezzetti ed aggiungervi successivamente il guanciale tagliato a cubetti più o meno grossolani. Sfumare col vino bianco e, quando sarà evaporato, aggiungere le fragole ben lavate e tagliate anch’esse a dadini. Far cuocere per non molto tempo, in modo che le fragole si mantengano abbastanza croccanti e che nello stesso tempo si sia formato un bel sughetto. Salare e pepare.
Nel frattempo, mettere insieme tutti gli ingredienti per i nudi e impastare bene. Deve venir fuori un impasto morbido, ma al tempo stesso compatto. Se la ricotta o l’impasto fosse troppo fresco, aggiungere più farina. Formare delle quenelles e adagiarle delicatamente in acqua bollente salata. I nudi saranno pronti quando salgono a galla. Prelevarli, sempre delicatamente, e adagiarli con cura nel piatto di portata.
A questo punto versarci sopra il sughetto alle fragole (e le fragole, ovviamente) e completare con una generosa grattugiata di Parmigiano 30 mesi.
Un piatto goloso e speciale che vi stupirà, che presenta anche il “valore aggiunto” dei nudi, che anche da soli riescono a fornire un profumo e un sapore del tutto particolari.
E vi avviso: di questi ultimi ne preparerò molte altre versioni, perché ci si può davvero sbizzarrire: stay tuned ;)

5 aprile 2015

Buona Pasqua!


Oggi è Pasqua e quindi innanzitutto vi faccio tanti auguri di una serena giornata e, per chi può, di buone vacanze.
A Pasqua non amo mangiare, come abitualmente si fa, la colomba e le uova di cioccolata, pur ammettendo che esistono a tal proposito dei prodotti veramente di qualità.
Per me la Pasqua è identificata solo da pastiera e casatiello che non possono mancare sulla mia tavola durante questi giorni.
E devo dire anche che ammiro e apprezzo molto la tradizione, non diffusa nella mia famiglia, della colazione di Pasqua con salumi, pizze al formaggio e tante altre ricche e golose proposte.
Auguri ancora! ;-)

1 aprile 2015

Mama Frites, street-food partenopeo in versione gluten-free


La scorsa settimana ha aperto a Roma nel quartiere di Trastevere un nuova friggitoria in cui la tradizione napoletana dello street-food incontra il mondo gluten-free. Oltre quindi al punto vendita aperto qualche mese fa a Borgo Pio, questo originale ed unico genere di locale ora “raddoppia” a Trastevere.
Mama frites è il nome del brand ideato dai fratelli Navarro, dove il gusto e la salvaguardia della salute vanno di pari passo, anche grazie alla genuinità delle materie prime e alla costante ricerca della qualità. 


Siamo entusiasti all’idea di aprire un locale street food che sappia offrire tutte le specialità della cucina napoletana anche a chi è costretto a mangiare senza glutine come me” ha dichiarato Marcella Navarro, ideatrice del progetto.
L’offerta prevede tanti fritti e prelibatezze per spuntini veloci e sfiziosi, preparati utilizzando rigorosamente materie prime prive di glutine e lattosio (farina di riso e di mais per le panature) e senza alcun rischio di contaminazione.


In particolare sono proposti ottimi “cuoppi” (di terra, di mare), patatine, calzoncini ripieni, i buonissimi arancini “a metro” con pistacchio o ragù, scugnizzelli e bombette dolci fritte che sono una vera delizia. I fritti salati sono inoltre accompagnati da 14 salse, anche queste gluten-free.


Per gli amanti di birra e vino, nel menù sono poi previste birre artigianali senza glutine e una selezione di vini campani e nazionali.


Ultima cosa interessante da segnalare è che tra le gustose proposte di Mama Frites trova spazio anche una categoria di panini, preparati con la pasta della pizza, ripieni di golose farciture e cucinati sulla piastra. Ebbene, la novità è che saranno i clienti a scegliere il nome di questi panini, partecipando ad un contest già in atto, che si concluderà il 18 aprile. Proponendo un nome sulla pagina Facebook di Mama Frites e utilizzando l'hashtag #unpaninoalcinque, si può vincere una cena con panino, cuoppo e bevanda a scelta.

Per ulteriori info: Raffaella Ghislandi - cell. 336 2574190 - e-mail: raffaella@bee-connection.com